martedì 19 febbraio 2013

"Lettera a un amico" GIOVANNI ANGELICI, Gennaio 2011 Viareggio


Ti penso su un’impalcatura a combattere con calce e colori per dare alla materia pensiero e anima, una vera guerra fatta di fatica per il corpo, le mani soprattutto e per lo spirito in lotta col caos per piegarlo al pensiero, all’arte e proprio per te, alla voglia della santità.
E’ la sofferenza della creazione.
L’uomo non è Dio non può creare in sei giorni la terra e il genere umano, l’uomo-artista se vuol far vivere la materia deve plasmarla con fatica fino a consumarsi le mani.
Non lo so perché sono passati tanti anni, ma questa sensazione di te, della tua lotta – arte, spirito e materia – mi è rimasta appiccicata dentro.
Eppure per me, era il solito lavoro, allora quasi giornaliero, uno delle migliaia per il TG1 dove contava soltanto seguire il lavoro della troupe e l’importante era controllare che non facessero sporco e chiasso.
Eppure quella volta alla chiesa del Sacro Cuore o della Resurrezione di Viareggio, credo, è passato un secolo non ricordo bene, qualche cosa mi ha ferito e una sensazione particolare, quasi inspiegabile, mi è rimasta dentro.
L’ho ripensata, questa sensazione qualche volta nel tempo, non lo so più bene, ma credo di aver visto, o sentito o forse immaginato soltanto di essermi trovato davanti a un artista in cerca, al di là dell’arte, della santità, anzi della santità nell’arte.
Ecco perché, quando Cristiana tua moglie, mi ha invitato con educato e semplice entusiasmo a rivederti, ho detto di sì.
Devo chiarirmi quella vecchia sensazione mai razionalizzata, irrisolta ma ancora viva, pur essendo passati molti anni, rimasta sopita dall’incontro fugace, se non banale, fra un’artista e un giornalista in lotta col tempo che non sa oggi quello che ha fatto ieri.
Nel mio caso poi, non ero né sono un’artista, né un pensatore, ma soltanto un vecchio cronista, che al massimo rimugina.
Ti ho rincontrato quasi sul mare da Galliano a Viareggio questa volta imprigionato su una diversa impalcatura e ho capito che questa per te era una prova forse anche più libera: l’artista che scavava con calce e colori, ora non ha più bisogno di materia, se n’è liberato e può creare in spiritualità piena, senza fatiche terrene e materiali.
 Quello che come artista potevi fare per noi, l’hai fatto, forse tutto è compiuto.
I tuoi Santi sono lì, aspettano che noi li guardiamo per capirne gli insegnamenti, mangiarne e berne la sostanza.
Ora ci sei tu, libero.
Mentre parlavo di te con Cristiana, ho seguito il tuo sguardo lontano.
Tu, mi è parso, continuavi a dipingere e affrescare, solo per te, dentro di te.
L’artista non muore mai, vive creando.
Forse per te è la seconda prova che Qualcuno ti ha offerto.
Altrettanto difficile e alta come la prima, è quella della ricerca della spiritualità, della santità nell’arte.
Per il corpo è certamente più dolorosa e atroce, per noi semplici umani è anche la più ingiusta.
Ci vuole tanta fede per accettarla.
Tu che parlavi con uomini santi, puoi farcela.
Ho visto che seguivi la luce del sole, l’azzurro del cielo, il camminare delle nuvole e penso che ne facevi affreschi che noi non vedremo mai.
Sono sicuro che sono bellissimi, puri, pieni di spiritualità.
Ora Massimo, non cammini più, ora voli.


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