Ti penso su un’impalcatura a
combattere con calce e colori per dare alla materia pensiero e anima, una vera
guerra fatta di fatica per il corpo, le mani soprattutto e per lo spirito in
lotta col caos per piegarlo al pensiero, all’arte e proprio per te, alla voglia
della santità.
E’ la sofferenza della creazione.
L’uomo non è Dio non può creare
in sei giorni la terra e il genere umano, l’uomo-artista se vuol far vivere la
materia deve plasmarla con fatica fino a consumarsi le mani.
Non lo so perché sono passati
tanti anni, ma questa sensazione di te, della tua lotta – arte, spirito e
materia – mi è rimasta appiccicata dentro.
Eppure per me, era il solito
lavoro, allora quasi giornaliero, uno delle migliaia per il TG1 dove contava
soltanto seguire il lavoro della troupe e l’importante era controllare che non
facessero sporco e chiasso.
Eppure quella volta alla chiesa
del Sacro Cuore o della Resurrezione di Viareggio, credo, è passato un secolo
non ricordo bene, qualche cosa mi ha ferito e una sensazione particolare, quasi
inspiegabile, mi è rimasta dentro.
L’ho ripensata, questa sensazione
qualche volta nel tempo, non lo so più bene, ma credo di aver visto, o sentito
o forse immaginato soltanto di essermi trovato davanti a un artista in cerca,
al di là dell’arte, della santità, anzi della santità nell’arte.
Ecco perché, quando Cristiana tua
moglie, mi ha invitato con educato e semplice entusiasmo a rivederti, ho detto
di sì.
Devo chiarirmi quella vecchia
sensazione mai razionalizzata, irrisolta ma ancora viva, pur essendo passati
molti anni, rimasta sopita dall’incontro fugace, se non banale, fra un’artista
e un giornalista in lotta col tempo che non sa oggi quello che ha fatto ieri.
Nel mio caso poi, non ero né sono
un’artista, né un pensatore, ma soltanto un vecchio cronista, che al massimo
rimugina.
Ti ho rincontrato quasi sul mare
da Galliano a Viareggio questa volta imprigionato su una diversa impalcatura e
ho capito che questa per te era una prova forse anche più libera: l’artista che
scavava con calce e colori, ora non ha più bisogno di materia, se n’è liberato
e può creare in spiritualità piena, senza fatiche terrene e materiali.
Quello che come artista potevi fare per noi, l’hai fatto,
forse tutto è compiuto.
I tuoi Santi sono lì, aspettano
che noi li guardiamo per capirne gli insegnamenti, mangiarne e berne la
sostanza.
Ora ci sei tu, libero.
Mentre parlavo di te con
Cristiana, ho seguito il tuo sguardo lontano.
Tu, mi è parso, continuavi a
dipingere e affrescare, solo per te, dentro di te.
L’artista non muore mai, vive
creando.
Forse per te è la seconda prova
che Qualcuno ti ha offerto.
Altrettanto difficile e alta come
la prima, è quella della ricerca della spiritualità, della santità nell’arte.
Per il corpo è certamente più
dolorosa e atroce, per noi semplici umani è anche la più ingiusta.
Ci vuole tanta fede per
accettarla.
Tu che parlavi con uomini santi,
puoi farcela.
Ho visto che seguivi la luce del
sole, l’azzurro del cielo, il camminare delle nuvole e penso che ne facevi
affreschi che noi non vedremo mai.
Sono sicuro che sono bellissimi,
puri, pieni di spiritualità.
Ora Massimo, non cammini più, ora
voli.