venerdì 3 giugno 2011

Prefazione


QUANDO PENSO A MIO PADRE


Quando mia madre mi disse che voleva raccogliere in un volume il percorso professionale di mio padre attraverso la proposizione delle opere pittoriche appartenenti alla nostra collezione privata e alle opere pubbliche con testimonianze scritte, riflessioni, pensieri legati al suo modo di creare mi sembrò subito una cosa meravigliosa. Da una parte perché avrebbe permesso di ordinare e valorizzare significanti frammenti della vigorosa opera ancora tutta da scoprire e da indagare, dall’altra perché avrebbe permesso a mamma e a papà di ricucire, di ricordare un comune percorso vitale fatto di gioie e dolori dove il legante, ossigeno del complesso presente, è sempre stato l’amore.
Quando mi chiese di scrivere una riflessione intorno alla sua opera mi sentii perso, pensando a come sarei riuscito a costruire un’insieme contenutistico degno, un’insieme capace di dare il giusto valore a una così sublime quanto incredibile artistica storia.
Poi, facendomi coraggio, ho iniziato a scavare negli sconfinati spazi della memoria e tutto si è fatto più chiaro, tutto è diventato semplice.
Per definire un campo concettuale significante, in grado di favorire una futura estesa lettura dell’opera di mio padre, devo pensare, isolandomi dalla vorticosa bolla temporale che guida il nostro presente, a quanto la sua dinamica ricerca pittorica aveva rappresentato per me, sia come figlio, quanto come inconsapevole allievo.
Dovevo ripensare con attenzione all’interattivo rapporto d’amore e di condivisione sempre avuto con i miei genitori.
Dovevo pensare al passato, al presente, al futuro, al significato delle parole non pronunciate ma dipinte dal grande artista.
Quando penso a mio padre, subitaneamente il pensiero cade su mia madre perché loro, pur essendo molto diversi nell’approccio vitale, sono sempre stati in completa simbiosi.
Difficile per questo, disgiungere i motivi propositivi dell’uno senza aver coscienza dell’osmotico collegamento con l’altro.
Quando penso a mio padre mille ricordi si accavallano nella mia mente, da quando amorevolmente teneva la sua grande mano sulla mia fronte se avevo mal di testa, a quando lo vedevo dipingere, lo osservavo ammirato mentre parlava con il colore.
Non basterebbero fiumi d’inchiostro per raccontare quanto ha portato dentro di me!
Nelle mie architetture, realizzate in giro per il mondo, si sente il suo profumo insieme a quello di mia madre.
Guardandolo lavorare – e lui non sapeva di essere guardato – ho imparato a parlare con il circostante non utilizzando il linguaggio verbale, ma il linguaggio del colore, della luce, della materia.
Osservando le sue opere ci si rende immediatamente conto che ogni tavola rappresenta un frammento di un infinito straordinario, fatto di luci, di ombre, di trasparenze, di riflessioni nel quale mio padre ha sempre immaginificamente vissuto.
Chi, con intelligenza e sensibilità, si avvicina a una sua opera capisce istintivamente che si tratta di un frammento iconico denso di coinvolgenti pigmenti che va ben oltre la fisica perimetrazione del supporto ligneo, infatti, l’insieme spaziale della composizione sembra sempre proseguire in una nuova dimensione sospesa tra sogno e realtà.
Lui, attraverso una voce di grande spessore intellettuale, fatta di colore, materia e forma ha portato all’attenzione dell’uomo opere di notevole forza contenutistica, ha costruito bidimensionalmente tridimensionalità capaci di far sognare ad occhi aperti.
Lui ha sempre cercato di spostare lo sguardo oltre il reale conosciuto per definire spazi segnici pieni di alternatività, di rigore, di eleganza, di meraviglia.
Lui ha legato la sua vita alla comprensione della luce e dell’ombra.
Adesso che non dipinge più i suoi occhi e la sua mente continuano a indagare in senso contemplativo il circostante.
Le opere di mio padre sono così straordinarie perché capaci di tradurre in forma il mistero della luce, sono così dirompenti e allo stesso tempo delicate perché dense di spunti riflessivi sul senso della vita e delle cose, di contaminazioni di campo, hanno una così imponente identità perché partono dal suo cuore e non da posizioni filo accademiche o di corrente.
Quando altri si fingevano artisti contemporanei lui era un futurista.
Penso a mio padre ammalato, con la piena coscienza degli incredibili risultati pittorici raggiunti in uno spazio temporale non certo esteso, mi vengono i brividi a immaginare fin dove si sarebbe potuta spingere la sua ricerca di verità nella pittura.
Se tutto quello che ha potuto realizzare ha prodotto così tanti turbinii emotivi e meravigliosi stimoli, cosa sarebbe accaduto se avesse potuto continuare a dipingere?
Di una cosa sono certo: se ogni uomo del nostro pianeta vivesse le proprie esperienze legate al mondo del fare come mio padre, il mondo sarebbe diverso.
La sua voce, attraverso le opere realizzate, continua a lanciare messaggi etici.
Basterebbe saper ascoltare!

Grazie papà.

Simone Micheli

Volto Santo Vestito - collezione privata dell'autore Massimo Micheli.


Massimo Micheli Opere a cura di Cristiana Vettori Micheli

Tra breve potrete leggere l'intero libro direttamente dal mio blog.

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Benvenuti a tutti nel mio primo Blog. E' con piacere che posso comunicarvi di essermi iscritta al servizio blogger di Google.

 Massimo Micheli - opera giovanile - " Carrozzoni del circo in piazza Neri-Paolini , Viareggio "

                        L'opera del giovane Viareggino Massimo Micheli 
                        partecipa al premio di pittura "Maschere e Carnevale" 1958